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abbandono, danimesk, decadente, decay, degrado, esplorazione urbana, fatiscente, ghost town, Ghost village, paese fantasma, urban exploration, urbex
Pare che il nome Gairo derivi dal greco “ga” e “roa” cioè ‘terra che scorre’. Non a caso le sue tormentate vicende, iniziate a fine XIX secolo, proprio a causa dell’instabilità del suolo su cui sorge ebbero un esito drammatico nell’ottobre del 1951. Oggi della Gairo ‘vecchia’ vedrai i ruderi degli edifici rimasti tenacemente aggrappati alla roccia del monte Trunconi, che domina sulla valle del rio Pardu, tra viuzze in terra battuta e in selciato collegate da scalette e viottoli inclinati. Le strade, infatti, delimitavano i terrazzamenti sui quali sorgevano le costruzioni, pertanto sono disposti orizzontalmente, su livelli sfalsati, lungo il pendio.
Le cronache raccontano di cinque giorni di piogge e vento incessanti in Ogliastra che resero il nucleo originario di Gairo, già provato da mezzo secolo di frane e smottamenti, insicuro per persone e animali. Le vie si trasformarono in impetuosi torrenti facendo ‘scivolare’ drammaticamente il terreno verso valle. Per ovvie ragioni di sicurezza il borgo fu progressivamente abbandonato: gli ultimi suoi abitanti lasciarono le case nel corso del decennio successivo. Le famiglie gairesi poterono scegliere dove vivere e si divisero tra: la ‘nuova’ Gairo, ossia l’attuale Gairo Sant’Elena, costruita varie decine di metri più a monte; un villaggio a pochi chilometri di distanza immerso nel verde, cioè la frazione di Gairo Taquisara; e una borgata molto più a valle che prese il nome di Cardedu, poi divenuto Comune autonomo, nato ex novo nella piana a pochi passi dalle splendide spiagge delle marine della stessa Cardedu e di Gairo.
( cit . da Sardegna turismo)























